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  • Immagine del redattoreParide Spinelli

Perché Ermes - Parte 1: polýtropos

Il dio greco Ermes, per i romani Mercurio, è il messaggero degli Dei (in greco: ánghelos): è lui a rendere possibile la comunicazione tra il mondo celeste degli dei e quello terrestre degli uomini.


Suoi simboli animali sono il gallo e la tartaruga: se il secondo ha un simbolismo abbastanza ben comprensibile ed il cui significato è diffuso, ovvero di saggezza e longevità, il primo presenta degli aspetti interessanti su cui soffermarsi. Il gallo è l’animale che annuncia per primo il levarsi del Sole all’alba: è il primo a riconoscerlo e a segnalarlo al mondo, e in questo senso è colui che mette in collegamento il mondo celeste del Sole a quello terrestre; è inoltre associato alla stagione della Primavera, della Rinascita in senso spirituale, e si collega secondo questo punto di vista al segno dell’Ariete.


Un altro simbolo complesso associato ad Ermes è il caduceo, che oggi contraddistingue l’ordine dei medici e dei farmacisti: è rappresentato come un bastone, attorno al quale sono attorcigliati due serpenti, ma avremo modo di approfondirne meglio il significato.


L'Inno omerico a Ermes lo invoca come: «dalle molte risorse (polýtropos, lo stesso aggettivo che Omero usa per descrivere Odisseo, Ulisse, e che viene tradotto solitamente con “multiforme ingegno”), gentilmente astuto, predone, guida di mandrie, apportatore di sogni, osservatore notturno, ladro ai cancelli, che fece in fretta a mostrare le sue imprese tra le dee immortali».


Platone, nel Cratilo, fa sostenere a Socrate che: «Ermes è dio interprete, messaggero, […] suo figlio è il logos».


Anche Lucio Anneo Cornuto ci presenta Ermes nel suo Compendio di Teologia Greca, scrivendo: «Ora si dà il caso che Ermete sia il lógos, che gli dèi inviarono a noi dal cielo, facendo della razionalità una prerogativa esclusiva degli uomini, tra le creature che vivono sulla terra, il che essi ritennero di gran lunga eminente su tutto il resto». Questo doppio modo di presentare Ermes come Ermete è centrale nella nostra indagine intorno a questa figura, poiché apre lo sguardo a interpretazioni e simboli ancora più profondi: infatti non è un caso se è proprio da questo aspetto che derivano l'aggettivo ermetico (oscuro, nascosto) e la parola ermeneutica, ovvero l'arte di interpretare i significati nascosti.


Nella cultura greca antica si fa riferimento, in particolare, ad Ermes anche come Ermete Trismegisto, che letteralmente significa “tre volte grande”. In arabo questo aspetto di Ermete, una figura non sconosciuta nella cultura musulmana, è reso con “El-muthalleth bil-hikam”, anche qui letteralmente “triplo nella Saggezza”, e per inciso, il nome di Ermete in arabo presenta una forte somiglianza con la parola “Haram” che designa la Piramide, da cui non differisce se non per la mancanza di una lettera finale che non fa parte della sua radice: sarà chiaro più in là quanto questi riferimenti alla lingua araba siano coerenti nel quadro della nostra analisi.


Tuttavia, non è casuale che la Grandezza di Ermete sia sovrapposta alla Saggezza: è sotto l’appellativo di Ermete Trismegisto infatti che si fanno risalire alcuni scritti sapienziali, di stampo filosofico-metafisico, che costituiscono il Corpus Hermeticum, tra cui figura anche il Pimandro. In questo senso Ermete è identificato come il Maestro di una scuola di pensiero, di una serie di insegnamenti tradizionali: è il capostipite della tradizione ermetica. Essendo la tradizione ermetica una sapienza fortemente esoterica, l’insieme degli insegnamenti segreti di Ermes non è di facile accesso né di semplice comprensione.

Proveremo a tracciarne una lettura nelle successive parti di questo scritto.

Ermete Trismegisto nella Cattedrale di Siena
Ermete Trismegisto; Cattedrale di Siena

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